domenica 21 febbraio 2016

A che gioco giochiamo?

Ecco un metodo semplice e pratico per capire e dominare le dinamiche interattive della
comunicazione verbale.

   E per una volta non parliamo di immagini e simboli, non di linguaggi preverbali e immaginario collettivo, ma proprio di comunicazione verbale: della cara, vecchia, tattile, concreta, ineludibile parola.
   Ma anche qui le cose sono assai più complesse di quanto possano apparire a prima vista, anche qui le cose hanno molteplici sfumature e livelli di lettura, ed anche la comunicazione verbale non assomiglia affatto ad un indiscutibile monolite assiomatico di chiara e univoca lettura, quanto piuttosto ad un labirinto di possibili interazioni e interpretazioni che possono sia aprire la strada alla vastità del linguaggio poetico, come nascondere tranelli comunicativi anche nella più banale delle affermazioni.

   Questo sostanzialmente per due motivi, da cercare uno all’“interno” dello strumento stesso, e l’altro all’“esterno”, ossia nell’interazione intercorrente tra i due interlocutori.
   1 - interno) Una parola ha sempre una “densità” di significati che oltrepassa il semplice significante. (concetto studiato e descritto sostanzialmente dalla semantica di De Saussure
e dalla psicanalisi Freudiana).
   2 - esterno) Anche essendo in 2 soli interlocutori, esistono ben 9 possibili modalità di interazione dialettica tra di essi, di cui solo tre saranno comunicativamente efficaci, mentre le altre 6 tenderanno a stabilire dei “giochi erronei”. (concetto esposto nell’Analisi Transazionale di Eric Berne).

Vediamo di spiegare:

   1) SIGNIFICANTE e SIGNIFICATO: anche nella comunicazione verbale possiamo scorgere almeno due livelli su cui essa si svolge contemporaneamente: uno conscio e uno inconscio, uno (il primo) che chiameremo il SIGNIFICANTE (ossia il veicolo, il suono, il significato più comune attribuibile a quella parola, il senso comune per il quale quella parola viene intesa e descritta nei dizionari), e un secondo, che chiameremo SIGNIFICATO, che attinge all’inconscio tramite la libera associazione, la condensazione, la trasposizione e la metonimia… ebbene si, ancora una volta si tratta di immagini, quella somma di immagini mentali e fotografiche che immediatamente si associano nella nostra mente ad una parola data, parola che perde immediatamente il suo significato “ufficiale”
per assumere una maggior “densità”, o una particolare colorazione data appunto sia dal contesto che dalla particolare interazione tra i due soggetti della comunicazione (tratteremo quindi questo aspetto nell’ ambito della comunicazione visuale).
   2) GENITORE, ADULTO, BAMBINO: due soggetti possono entrare in contatto verbale in 9 modalità differenti (e quindi stabilire altrettanti piani e modi di comunicare): facciamo un esempio pratico per entrare nel vivo del discorso, prima ancora di affrontarlo teoricamente.
   Quello che usiamo maggiormente nel rapportarci sarà del tipo Adulto >> Adulto: ossia, tendo a pormi all’altro in modo obiettivo e paritario, stimolando in lui una reazione analoga. Ma ora immaginiamo il capoufficio venire verso di noi su tutte le furie per un’aspettativa mancata: si rivolgerà a noi nello stesso modo? Certamente no, ma userà una comunicazione “trasversale” in cui, anche se le parole hanno un “significante” adulto, la loro intonazione, certi vocaboli, certe espressioni tipiche, saranno del tipo Genitore >>Bambino, attraverso il quale otterrà il vantaggio psicologico di dominare in modo autoritario ed a senso unico la conversazione: “Ma insomma, Fantozzi, oggi non me ne combina una giusta, cosa devo fare per farmi capire da lei? E stia un po’ attento, perdiana, che non siamo qui per giocare …” L’interlocutore sarà automaticamente portato ad identificarsi nella parte “bambina”, probabilmente balbetterà una scusa, ma avrà perso il round. Probabilmente rientrando a casa frustrato per non aver saputo “tener testa” al suo principale, riverserà sulla moglie lo stesso meccanismo, ed invece di reagire ad un “Ciao, come va” in modo pacato ed adulto, risponderà scocciato: “Dai, piantala che oggi non è giornata, piuttosto dimmi cosa c'è per cena… non avrai mica fatto ancora la solita cotoletta, spero!”, anche qui un messaggio “trasversale” da Genitore a Bambino che chiuderà qualsiasi normale e aperto sviluppo alla comunicazione: da lì in avanti probabilmente la serata casalinga procederà con un intreccio erroneo di messaggi trasversali, che otterranno solo la fuga dal “gioco erroneo” di uno dei due soggetti.
   Questo tipo di comunicazione “trasversale” infatti è monco, non ammette risposta, ed indica la precisa volontà di non voler affatto mettersi in sincero contatto con l’altro, ma di esercitare su di lui, in quel momento, un preciso dominio psicologico. È esattamente il tipo di comunicazione oggi usato nei notiziari, nei TG, e nei media in genere.

I TRE COMPONENTI DELL' IO
   Saltiamo a piè pari l’impianto completo dell’analisi transazionale che qui non ci interessa, e soffermiamoci invece su questo singolo aspetto che diventa uno strumento semplice e formidabile per capire le transazioni erronee e correggere, o toglierci, dai conseguenti errori di comunicazione.
   In modo simile a quanto fatto da Freud, Berne suddivide l' io psicologico in tre settori: il Genitore (grossomodo corrispondente al Super-Io freudiano, è il settore dell’autorità), l’Adulto (corrispondente all’Io freudiano, è il settore della coscienza vigile, della fattività matura) ed il Bambino (corrispondente all’Es freudiano, è il settore dell' impulsività, dell’emozione primordiale, delle pulsioni non ancora controllate dall’Adulto).
   Questi tre stati non sono tra loro separati ed indipendenti, ma in comunicazione
continua; sintomo di maturità è proprio la capacità dell’Adulto di mediare le rispettive
pulsioni, e di sapersene far carico “elasticamente” e armonizzandole, e di potersi spostare a
piacere in una delle tre, assecondandola o reprimendola. Al contrario, sintomo di malattia
sarà la “fissità” dell’io in uno dei tre stadi, una fissità generalizzata che comporta
l’incapacità di spostarsi e di farsi carico delle pulsioni degli altri stadi, che verranno o
inconsciamente rimosse o attivamente negate. Per esempio, chi risponde a quasi ogni
stimolo sempre in modo autoritario ha una caratterialità “fissata nel Genitore”, così come
chi risponde sempre deresponsabilizzandosi e non dando il giusto peso a questioni gravi
ed importanti ha una caratterialità fissata nel Bambino. La caratterialità sana, pur essendo
fissata principalmente nell’Adulto, ha la capacità di “spostarsi” senza troppi problemi tra
le tre: per esempio, a letto una coppia può temporaneamente regredire allo stadio di
Bambino e gioirne senza problemi (linguaggio e atteggiamento innocente e affettuoso,
giocosità erotica, ecc) cosa impossibile per chi è fissato nel genitore, che in quanto tale sarà
portato a liquidare come “sciocchezze” ogni effusione o rapporto bambino, e ad instaurare
un controllo di tipo sadomasochista per un sostanziale sentimento di paura.
   Paura derivante dal non pieno controllo di qualche pulsione rimasta inconsciamente
attiva a livello bambino, e che minaccia l’Adulto, costringendolo proprio per questo a
difendersene fissandosi al ruolo di Genitore. Come si vede tale schematizzazione dell’io
psicologico si presta ad una immediata e semplice comprensione delle dinamiche e del
modo di porsi dell’individuo in generale rispetto all’altro, diventando così uno strumento
utilissimo per lo studio della comunicazione.

   Cosa succede infatti nella transazione relazionale? A questo punto è facile intuire che,
prendendo due soggetti e ponendoli di fronte, avremo tre “partizioni” per ciascun
soggetto, ognuna delle quali può stabilire una comunicazione con una qualsiasi delle tre
altrui. Berne afferma quindi che solo le transazioni che avvengono in linea retta (Genitore
>> Genitore, Adulto >> Adulto, Bambino >> Bambino) generano una comunicazione
corretta, mente quelle che avvengono per via obliqua (per esempio Genitore >> Adulto o
Genitore >> Bambino, ed in modo simile per gli altri stadi) generano una comunicazione
erronea, un “gioco” che tende ad intrappolare in una qualche forma di controllo anziché a
comunicare in modo efficace e spontaneo.
   Torniamo al nostro esempio sotto le lenzuola: se il partner mi stimola in modo giocoso e
con frasi ingenue e “stupide”, io posso accettare il gioco (relazione Bambino >> Bambino)
ed in questo caso si svilupperà una comunicazione corretta tra i due stadi (per quanto
sempre sottoposta al benestare dell’Adulto, sempre presente: solo nella completa follia si
ha la totale sparizione dell’Adulto); ma se io risponderò scocciato “Dai, piantala con queste
bambinate” mi sarò posto nella modalità Genitore >> Bambino e, rimproverando il
bambino altrui, cercherò il suo controllo anziché una comunicazione spontanea.

Altro esempio di transazione relazionale:
   Il marito chiede: “Sai dov’è la mia cravatta nera? Non la trovo da nessuna parte” (Adulto
→ Adulto).
   Se la moglie risponde: “Non so, non l’ho vista”, abbiamo una transazione complementare
(Adulto → Adulto).
   Se la moglie risponde: “Perché dai sempre la colpa a me?” si determina una transazione
incrociata (con il Bambino che risponde al Genitore, invece dell’Adulto che replica
all’Adulto), interrompendo la comunicazione; lo stesso effetto si verifica con la risposta:
“Ecco, perdi sempre tutto!” (in questo caso, è il Genitore della moglie che si rivolge al
Bambino del marito).

   E ALLORA? Allora è facilmente intuibile che io posso intenzionalmente sviare una
corretta comunicazione ponendomi volutamente in una transazione incrociata, e
mantenendola. Se vorrò esercitare un controllo di tipo autoritario, per esempio, ed una
comunicazione - trappola dalla quale sarà impossibile uscire porrò una transazione di tipo
Genitore >> Bambino; allo stesso modo una transazione di tipo Bambino >> Adulto potrà
porre un ricatto emotivo comunque atto a controllare emozionalmente l’altro proprio
attraverso un messaggio di “debolezza”.
   Qualsiasi comunicazione di tipo Pubblicitario / Propagandistico, per funzionare, si
pone proprio attraverso una transazione incrociata: nel caso di un semplice spot la cosa
sarà limitata sia nel tempo che nella portata degli effetti; molto più grave la Propaganda, in
quanto non limitata nel tempo e che investe aspetti importanti e vitali dell’esistenza delle
persone. Pur essendo le due facce della stessa medaglia, possiamo affermare a buon diritto
che la propaganda è la faccia negativa della pubblicità, anche perché viene generalmente
utilizzata per indurre comportamenti contrari all’interesse stesso della massa cui è rivolta
(anche se è possibile utilizzarla per indurre comportamenti vantaggiosi infatti, a questo
punto decade la necessità stessa di una “persuasione occulta” in quanto gli stessi sarebbero
naturalmente accettati di buon grado; ma possiamo comunque avvalercene anche in senso
“buono”, per esempio per indurre comportamenti virtuosi non ancora entrati a far parte
dell' Immaginario Collettivo.
   Un esempio a caso, dite? Ma l’introduzione di moneta locale, parbleu!)

   PROVATE A GIOCARE: per comprendere appieno quanto qui brevemente esposto,
potreste provare un paio di esercizi pratici:
   1) Osservazione: al bar, al mercato, tra gli amici, provate a seguire il dialogo tra due
persone e cercate di capire che tipo di transazione instaurino. A proposito: anche parlare
sempre degli stessi argomenti non per arrivare a qualche conclusione, ma per la pura
gratificazione immediata, è un “gioco” in cui la comunicazione assume lo stesso significato
simbolico, che ne so, di un lecca-lecca: i “fan” di qualsiasi cosa che trovandosi parlano
quasi sempre dello stesso argomento usano la comunicazione per pura autogratificazione,
e come compensazione di qualche mancanza affettiva.
   2) Forzate la transazione: potreste poi provare ad impostare con una cavia (il/la partner
in genere sono cavie perfette) una transazione volutamente incrociata e mantenerla ad
oltranza… osservando come il partner affronterà lo spiazzamento che sicuramente gli
causerete.
   3) Riportare una transazione erronea nei giusti binari: Ecco, ora siete pronti per
individuare le erronee transazioni incrociate, capire dove vuole andare a parare l’altro e
provare a riportare (ma questo dipenderà anche da lui) la comunicazione entro binari
paralleli.

   E dato che quest' ultima cosa non è possibile farla con uno schermo, ecco perché la TV
vince sempre!

Mondart