domenica 27 settembre 2015

L'ingegneria del consenso

   Combinando le idee di Gustave Le Bon (autore del libro Psicologia delle folle) e Wilfred Trotter, studioso del medesimo argomento, con le teorie sulla psicologia elaborate dallo zio Singmund Freud, Bernays è stato uno dei primi a vedere la possibilità di utilizzare la psicologia del subcosciente al fine di manipolare l'opinione pubblica.
   E' stato uno dei primi a praticare su scala massiva il concetto di pubblicità inteso come manipolazione dell'inconscio, come da lui stesso teorizzato nel suo libro del 1928 Propaganda (pubblicato nella traduzione in lingua italiana solo ottant'anni dopo), in cui scriveva come il consulente di relazioni pubbliche anticipa gli umori della gente.
   Nella sostanza, la sua convinzione era che una manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse, svolge un ruolo importante in una società democratica. Nasceva così il concetto - caro appunto alla propaganda in chiave politica - secondo cui chi è in grado di padroneggiare questo dispositivo sociale può costituire un potere invisibile capace di dirigere una nazione:

"Coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili..."

   Le teorie di Bernays non riguardavano solo la propaganda politica ma anche la semplice pubblicità commerciale, i cui strumenti sono i medesimi. In particolare, la sua campagna condotta negli anni venti assieme allo psicoanalista Abraham A. Brill per la American Tobacco Company - il primo vero e proprio evento mediatico della storia - con la marcia femminile a New York per il diritto a fumare in pubblico, consistette nell'associare visivamente la sigaretta con i diritti e la libertà della donna. Questa campagna fece aumentare le vendite a tal punto che la società Philip Morris riprese più tardi questa idea per gli uomini, lanciando la figura del famoso cow-boy Marlboro.
   Fra le tante altre campagne portate avanti da Bernays figura quella della Prima Guerra Mondiale, condotta insieme a Lippman, su commissione del presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, tesa a spingere l'opinione pubblica ad accettare l'ingresso in guerra a fianco della Gran Bretagna. Sei mesi di campagna. Sei mesi di campagna propagandistica condussero ad un'isteria anti tedesca così intensa da impressionare permanentemente il mondo degli affari statunitense (ma anche Adolf Hitler, tra gli altri) per la capacità di controllare l'opinione pubblica su vasta scala.
   Durante la prima metà del XX secolo, gli stessi Bernays e Lippman diressero un'azienda di pubbliche relazioni di grande successo.

   Il governo americano nota questo talento, e lo vuole il 6 Aprile 1917 - quando viene presa la decisione di entrare in guerra a fianco dell'Intesa. Il 13 Aprile Thomas Woodrow Wilson istituisce con un executive order, il Committee on Public Information conosciuto anche come Creel Committee, dal nome presidente, il giornalista George Creel. Il gruppo di lavoro nel quale Bernays si inserisce è un gigantesco laboratorio di propaganda bellica. E' da questo che viene partorito il famoso poster dello zio Sam con lo slogan I want you.
   Questo è solo l'inizio di una vita professionale interessantissima e che qui non riporto in toto per lasciare a voi il gusto di scoprirla.

   Passiamo a parlare dei contenuti di Propaganda. Secondo Bernays la propaganda ha un compito fondamentale all'interno della democrazia: quello di pace keeping, di mantenimento dell'equilibrio tra le parti sociali. Come ho detto è cinico ma realista, per questo il libro è così dirompente: perché è uno schiaffone che ti sveglia dal torpore. La democrazia che descrive non è quella della partecipazione di ogni singolo cittadino decantata e sperimentata in Grecia; ma, bensì, una struttura che si divide nettamente in due: la classe - che utilizza la comunicazione e la propaganda per mantenere il proprio status quo - e l'opinione pubblica.
   E' un'idea non solo Bernaysiana quella di un popolo sedato, ma condivisa da altri intellettuali di alta caratura. Lippman, ad esempio, sostiene che "il pubblico deve stare al suo posto affinché gli uomini responsabili possano vivere senza il timore di essere calpestati o incornati dalla mandria di bestie selvagge"; dello stesso avviso sono Alexander Hamilton e James Madison.

   Bernays preconizza un governo invisibile per dare forma al caos: "La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle opinioni delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese".
   Ed è stato il popolo a volere questo, per avere meno cose a cui pensare, per economizzare lo sforzo: "Abbiamo lasciato, volontariamente, a un governo invisibile il compito di passare al vaglio le informazioni per individuare il problema principale, e ricondurre la scelta a proporzioni realistiche. [...] Per evitare il dilagare della confusione, la società accetta di limitare le proprie scelte nell'ambito delle idee e degli oggetti posti alla sua attenzione dalla propaganda di ogni tipo."

venerdì 25 settembre 2015

La guerra è veramente un "male necessario"?

di Mond-Art

   A ognuno rispondere; io, anziché dare una risposta esplicita, pongo innanzitutto una serie di domande:

   Il pretesto generalmente addotto appena sotto il primo filtro mediatico e ideologico, e quello maggiormente accreditato anche dal popolo più criticamente "consapevole", è che le guerre si combattono effettivamente per il petrolio, per l'energia, per la crisi, in una parola per motivi di ordine ECONOMICO.

   Bene, fingiamo di prendere per buona questa interpretazione per introdurre una "reduction ad absurdum":

   1) La causa delle guerre sarebbe dunque l'economia (?), la crisi, l'energia, etc.
   2) Ma stranamente l'economia è gestita e pilotata apposta perché conduca alle crisi.
   3) La leva principale usata per indurre la crisi è quella del Debito Pubblico...
  4) ed il conseguente obbligo per la popolazione di risarcire un Debito impossibile e fasullo mediante tassazione, tagli, insomma il prelievo di risorse dal "volgo" e il suo conseguente impoverimento.
  5) Tutto questo viene giuridicamente attuato e giustificato attraverso "lo Stato", che quindi in realtà si rivela essere nient'altro che una furfantesca macchina a delinquere atta a:
 A) Sostituirsi decisionalmente al singolo individuo, delegittimandolo giuridicamente e impoverendolo socialmente
   B) Impoverirlo proprio per poterlo tassare (altro bel paradosso "kantiano"!)
   C) Utilizzare le tasse non per ristabilire l'economia, ma per scopi "altri", taciuti alla popolazione
   D) Fornire le basi legali e giuridiche, sociali e mediatiche, affinché una ristretta cerchia di "Nobili" (o chiamatela come vi pare) sia il solo "autista della macchina medesima.
   PER INCISO: Lo stato, soprattutto nel suo ordinamento "democratico", si rivela dunque essere una macchina perfetta per il perpetuarsi al potere di una "Nobiltà" senza opposizione di sorta che, celatamente ma direttamente, vive alle spalle del volgo e in sua diretta competizione, con una perfezione nella finzione che sarebbe stata impossibile, per esempio, nelle vecchie monarchie.
   Per corollario con quanto visto sopra abbiamo che chi vede nel puro fattore economico o energetico la causa prima delle guerre cade automaticamente in contraddizione con i punti a, b, c & d.

   Personalmente propendo quindi a considerare la leva energetica-economica come una eventuale concausa, restando la causa vera il conflitto di classe, vero ed assai temibile per una oligarchia parassita e nascosta, conflitto riassumibile semplicemente nella guerra ai poveri e nella necessità difensiva di un loro sfoltimento numerico.

   Non a caso la cosiddetta Comunità Internazionale, ossia la "Nobiltà" al comando, è sempre magicamente ed unanimemente in accordo quando si tratta di intraprendere una nuova guerra, non a caso si tace ignobilmente di fronte a genocidi che poco hanno a che vedere con il petrolio. Petrolio che comunque potrebbe essere frutto di un normale scambio economico in una civiltà paritaria.

   Non a caso si applicano assurde tattiche stragiste, nonché la pratica della tortura e del terrore, dove una bomba anche stupida o un'operazione mirata dei servizi, sarebbe sufficiente a rendere inutilizzabile l'oleodotto concorrente; parallelamente si delegittimano grandi masse del volgo togliendoli il controllo giuridico delle rispettive nazioni e l'impossibilità di autodeterminazione, ma solo per pervenire ad uno stato più esteso e più controllabile da una cerchia ristretta di oligarchi... non a caso l'esercito USA è talmente crudele da non fare prigionieri, da uccidere i feriti, da aprire il fuoco anche su donne e bambini, o su popolazioni inermi, da cospargere il territorio invaso col micidiale uranio impoverito che impedirà un normale ricambio della popolazione per i secoli a venire... tutte cose che nulla c'entrano in un'ottica di puro controllo energetico ed economico, ma sono perfettamente spiegabili in un'ottica di spietata lotta di classe di una "Nobiltà" che nella "numerosità del volgo" vede un'ovvia minaccia.

   Non mi inoltro oltre per questo sentiero impervio (cosa che richiederebbe altra trattazione), ma voglio solo portare alla luce alcuni paradossi e contraddizioni, ormai entrate a tal punto nel "Pensiero Collettivo Unico" da non essere nemmeno più oggetto di discussione.

   UN ALTRO MOTIVO generalmente portato a giustificazione dei conflitti è la fondamentale "cattiveria" umana, per cui si giustifica l'attacco dicendo: "se non lo faccio io, lo fa lui" (e questo concetto è stato talmente inoculato nella mentalità occidentale che vale dappertutto, dal far la spesa all'andare in automobile... o prevarico o verrò prevaricato).

   Tornando quindi a scomodare ancora il nostro Kant, ormai andato completamente fuori di melone (e prendo lui perché a lui ancora oggi si rifà sostanzialmente tutta l'ipocrisia del pensiero e dell'agire sociale), il suo assunto "filosofico (?)" di "Male Radicale", (comodo pretesto oggi preso proprio a giustificazione della guerra nella sua formulazione più eclatante, ossia quella dell'"attacco preventivo"!) per il quale "L'uomo, pur razionalmente consapevole del bene, è portato irrazionalmente a scegliere il male", con buona pace di tutto l'impianto logico-aristotelico e del principio di "non contraddizione", mandato bellamente a cagare proprio da un filosofo, mica da un bambino dell'asilo!

   Comunque, fingiamo di prendere per buono anche questo assunto, e applichiamo ancora il "reductio ad absurdum":

   DUE OBIEZIONI:
   1) Studi sociologici mostrano, statistiche alla mano, che il numero di conflitti aumenta esponenzialmente proprio con l'aumentare della civilizzazione (mentre dovrebbe essere il contrario, stando al principio del male kantiano e dello stato quale "regolatore" della sua naturale malvagità).
   2) Se davvero l'uomo è fondamentalmente malvagio, perché occorre un lungo tirocinio di "lavaggio del cervello" per indurre un soldato a uccidere?

   ECCO: Stanley Kubrick si pone quest'ultimo problema in "Full Metal Jacket": la sua risposta ce la dà, non esplicitamente ma affidandola al linguaggio specifico filmico, nei pochi minuti finali del film.
   Un finale che Kubrick lascia VOLUTAMENTE APERTO A PIU' INTERPRETAZIONI LOGICHE (come se stesse proponendo un dibattito) dandoci però al chiave di lettura in via squisitamente "subliminale"...


   Per introdurre il nostro discorso prendo spunto dal finale di "Full Metal Jacket", per il semplice motivo che Kubrick è solito lasciare i suoi film con finale "aperto", ossia non vuole imporci la sua chiusura tranquillizzante attraverso un'interpretazione finita e calata dall'alto (espediente peraltro pregevolissimo e con il quale prende nettamente le distanze dai canoni classici hollywoodiani), ma lasciare allo spettatore lo sforzo interpretativo e la libertà di trarne le proprie personali conclusioni. In altre parole genera nell'osservatore un senso di spiazzamento atto a far in modo che sia lo spettatore stesso a dover "chiudere"la storia secondo quanto ricavato dalla sua personale visione.
   Questo non significa certo che il regista non abbia opinioni in merito a quanto racconta, anzi... non le comunica espressamente, ma ce le fa capire proprio attraverso gli elementi subliminali della narrazione: in questo caso la strana musica usata a far da sottofondo alla scena finale e la scelta del tipo di fotografia.

   Questo particolare non lo notiamo solo in Full Metal Jacket, ma praticamente in ogni film di Kubrick: per fare solo qualche esempio ricordo il finale di "2001: Odissea nello Spazio", o quello di "Arancia Meccanica", o ancora lo stesso enigmatico finale di "Shining"... tutti "finali aperti", aventi lo scopo di spiazzare lo spettatore che solitamente si aspetta un'opinione di comodo, ed indurlo necessariamente a chiedersi: "Perché?", "perché questo strano finale? Cosa avrà voluto dire?"
   Così, in questo caso, molti si saranno inevitabilmente chiesti: "Ma perché questo finale? Perché chiudere un film così altamente drammatico proprio con questa Marcetta di Topolino?", i più attenti avranno anche notato lo scarto emotivo tra il proprio senso di repulsione per la guerra, appena evocato dalla scena precedente, e questa fotografia finale dai toni caldi e rassicuranti, che sembrano quasi idealizzarla.
   Aggiungiamo subito che Kubrick è tra l'altro uno dei non moltissimi registi per il quale la Fotografia, la sceneggiatura, insomma tutto lo "specifico filmico" assumono un ruolo portante nella narrazione e ai fini interpretativi, e non solo un ruolo di puro rivestimento della trama: Kubrick (che non a caso nasce artisticamente proprio come fotografo) tiene sempre in altissima considerazione la potenza evocativa dell'immagine, e la usa sempre a fini interpretativi, affidandole spesso proprio la parte più importante della narrazione. Ma procediamo con una cosa alla volta:

   La Marcia di Topolino
   Dopo la straziante scena (senza la quale non potremmo capire la scena finale) in cui Jocker uccide la ragazzina/cecchino il plotone americano si accinge al rientro, su uno scenario di incendi, morte e devastazione, al suono di "Viva Topolin"... perché? Perché questa strana scelta del regista?
   1) La narrazione "esplicita" e il monologo finale: a questo punto riassumiamo mentalmente il messaggio manifesto della narrazione, che è tutto un crescendo sulla spersonalizzazione che la macchina bellica opera sull'individuo trasformandolo in pura macchina di morte; fino ad arrivare alla scena conclusiva, dove anche il più sensibile ed intelligente tra i soldati abdicherà dai suoi sentimenti più umani, sparando alla ragazzina moribonda, per poi pronunciare quel (raggelante) monologo finale che possiamo sintetizzare: "In fondo l'importante è essere vivi, speriamo che io me la cavo e a fanculo tutto il resto".

   Ora osserviamo che, estraendolo dal contesto filmico, sarebbero probabilmente 3 le possibili interpretazioni del pubblico di tale monologo:
   1) Jocker adesso è "veramente un duro", adesso è "pronto" alla guerra (giudizio guerra-sintonico).
   2) Jocker ha fatto semplicemente il suo dovere (astensione dal giudizio e presa di distanza emotiva).
     3) Jocker ha una sana reazione vitale di fronte alla morte (giudizio di inevitabilità e necessità delle cose) in fondo non è quel che si pensa anche tornando da un comune funerale? Con una piccola differenza: che qui la morte è volutamente inferta.
   Ma con grande sapienza e maestria Kubrick ci spiazza, introducendo in modo subliminale anche la sua interpretazione:
   2) Il messaggio subliminale: è tutto un perverso gioco infantile. La Marcia di Topolino evoca istintivamente l'infanzia, i fumetti, un mondo dove lo scarto tra reale e non reale non è ancora ben definito, dove il carattere di "gioco" porta simbolicamente a poter uccidere un'altra persona senza né conseguenze reali, né dilemmi morali; insomma una "sospensione del giudizio" data da una regressione dell'individuo all'infanzia: Jocker ora non è più un uomo, ma un bambino che ha perso il senso del reale e le connotazioni di un'emotività "adulta" (che implicherebbe un minimo di empatia verso un altro essere umano) per regredire ad un'emotività infantile, in un gioco puerile dove le azioni non comportano mai tragiche conseguenze, e dopo aver giocato alla guerra si pensa, con la stessa leggerezza, al prossimo gioco: una scopata, perché "l'importante è essere vivi".
   A rafforzare tale "forma mentis", facendola accettare per "giusta" senza nessuna possibilità di critica o dubbio, è proprio la figura iconica di "Topolino", che nell'immaginario collettivo infantile è "l'esempio da seguire", l'incarnazione dell'Adulto "giusto" (in contrapposizione al simpatico ma pasticcione e socialmente fallito Paperino) che sa sempre cosa fare, che risolve brillantemente ogni situazione, che non ha mai dubbi anzi, che spesso aiuta la giustizia stessa nella lotta contro il male. Come mettere in discussione un'icona talmente potente?
   Jocker, l'umanità di Jocker (e questo è il messaggio introdotto dal regista tramite il linguaggio non verbale), sono quindi irrimediabilmente persi e morti proprio nel momento della totale accettazione acritica del gioco, proprio nel momento in cui dichiara così il suo "essere vivo"; e tutto il plotone è composto da adulti regrediti ad un'emotività infantile, ad uno stato "limbico" dove giocano da bimbi questo perverso gioco, dichiarando poi paradossalmente che la sola cosa che conta è la vita!

   Ed ecco la grande maestria di Kubrick: dirci tutto questo in una frazione di secondo e in modo talmente forte da far star male, da causare spiazzamento e vivo disagio: con le sole parole non avrebbe mai potuto fare altrettanto. Ma non è finita: ci rimane da analizzare la fotografia.

   Eroi? No, portatori di morte, svuotati di ogni caratteristica umana.
   Analizziamo ora la fotografia della scena finale: i soldati appaiono in controluce secco, sagome scure sullo sfondo infuocato, e alla fine l'intero plotone non costituito altro che da "ombre", da pure silhouettes marcianti.
   L'uso del controluce assoluto in fotografia significa "togliere individualità" al personaggio e renderlo pura ombra, puro profilo incorporeo, puro logo, astrazione grafica. Significa togliere al soggetto ogni specificità per ridurlo a pura rappresentazione simbolica, rivestire la persona con una divisa d'ombra come la mimetica riveste il soldato.
   Abbiamo quindi spersonalizzate ombre scure che si muovono su uno sfondo reso vivido dalle fiamme in una perversa inversione dei significati di vita e di morte, perfettamente espressa attraverso il ribaltamento cromatico: l'uomo che è vita viene rappresentato come nera ombra, mentre il fuoco della distruzione assume una tonalità vivida e vivace, a simboleggiare il paradosso di un gioco dove l'unico vero vincitore è proprio la morte.

   Concludendo quindi, a livello di fotografia l'ultima scena dice che: "l'accettazione della guerra è resa possibile solo a costo di un totale ribaltamento di valori e abdicazione da ogni prerogativa umana"; quelli lì, più semplicemente, "non sono più uomini" ma figure morte, mentre la sola vita della scena rimane proprio il trionfo infuocato della distruzione.

   Ecco: ora abbiamo una comprensione sia del pensiero del regista sia del perché abbia voluto provocare in noi quello "spiazzamento filmico": per indurci a coscientizzare quanto, comunque, ci stava subliminalmente inducendo a pensare.

mercoledì 23 settembre 2015

Ginnastica per una vera indipendenza

   Ed ora, finalmente, siamo in grado di poter individuare tutte le fasi e gli strumenti necessari e sufficienti per rivendicare, se si vorrà o se saremo costretti a farlo, una VERA indipendenza dai dominanti.

   Per farlo, useremo come un boomerang le loro stesse tecniche. Le attuali finte rivolte pilotate infatti ci insegnano quanto sia funzionale e potente, una volta ben capito e giustamente indirizzato, lo strumento "psicologico" vuoi della propaganda che della resistenza non violenta.

FASE 1: INDIVIDUARE IL VERO DOMINANTE

   E' la fase a cui siete tutti fermi su internet e blog vari, dove si perpetua l'incessante circolo vizioso della spasmodica e malata ricerca vuoi dell'ultima prova della malvagità dei dominanti, vuoi del dare un preciso nome alla classe dominante, vuoi di tentare (inutilmente) di capire se Tizio stia sopra o sotto Caio nella piramide del potere.
   Dico STIAMO SCHERZANDO, VERO? A parte che tutto questo si rivela essere solo un'inutile perdita di tempo ed energie, invischiate letteralmente nella "rete" facendo quindi il gioco stesso dei dominanti, a noi interessa capire come agiscono le DINAMICHE di dominio, non sapere nome e cognome di chi le attua.

   Dinamiche che sono sostanzialmente individuabili in due grosse pietre angolari:
1) L'inganno monetario.
2) L'inganno mediatico.
   Da questi due presupposti discende per semplice corollario matematico tutta l'enorme
impalcatura demenziale e delinquenziale della nostra "Realtà - Truffa". Capire davvero questo è più che suffieciente, a livello di conoscenza, per permetterci di progredire verso la seconda e più importante fase.

   (Per esempio, dall'inganno mediatico discende automaticamente tutto il condizionamento mentale posto in atto per dominarci:
   A) SCIENZA/DOGMA: Il dominante usa per sé stesso il pensiero scientifico per approcciare e conoscere la verità, mentre riempie la testa al popolo di menzogne spacciate per scienza e cultura, tenendovelo dogmaticamente legato al semplice scopo di dividerlo in fazioni dalle quali non riuscirà mentalmente a svincolarsi [sostanzialmente un pensiero di tipo manicheo filosofico, culturale e religioso, in cui si inserirà andando ad aumentare le dicotomie: classico esempio le due opposte filosofie, entrambe false e non scientifiche, di Comunismo e Capitalismo].
   B) PSICOLOGIA/PROPAGANDA: Il dominante usa un approccio rigorosamente scientifico-psicologico per studiare l'individuo e le masse, ma riversa sul popolo solo fiumi di propaganda atta a confonderlo [o meglio: usa per sé il sapere "tecnico" e usa per le masse il sapere "filosofico" come sofismo adattabile e non scientifico].
   C) TRIBALITA'/DEMOCRAZIA: Il dominante usa per sé un'organizzazione tribale del potere [che ne consente sia la trasmissione diretta che il pieno controllo] mentre invischia il popolo in stupide democrazie di facciata, svuotate di ogni possibilità di reale controllo sulla vita politica.
   D) LINGUAGGIO ADULTO/LINGUAGGIO INFANTILE: Il dominante userà coi suoi simili una comunicazione da adulto ad adulto per potersi capire, ma userà verso il popolo una comunicazione di tipo Adulto>Bambino per colpevolizzarlo, farlo sentire inferiore e impossibilitarlo a capire le "cose da grandi"... e via di questo passo fino a prosciugarci la lingua).

FASE 2: STACCARSI EMOTIVAMENTE DAI DOMINANTI

   Detta così sembra una stupidaggine, in realtà è il punto cruciale e più difficile dell'intero processo.
Infatti si tratta di CAPIRE PER DAVVERO, emotivamente e sulla pelle, che "noi" siamo "altro" dai dominanti (ovvio, per chi si immedesima nel volgo!), che i nostri interessi non potranno MAI coincidere e che, qualunque cosa vogliano farci bere, non sono né il nostro caro e vecchio papà, né l'autorità buona che si prenderà cura di noi.
   Né tanto meno Babbo Natale: SIAMO SOLI.
   Non solo; siamo vittime di un'autorità malata e sadica che finirà solo per distruggerci, di uomini la cui follia impedisce ogni sorta di empatia verso il dominato.
   Tutto questo non è né normale, né tanto meno scritto da qualche parte  nel firmamento, ma solo il frutto di una particolarissima organizzazione sociale che il dominante vuole continuare a perseguire, nonostante gli ovvi svantaggi per tutti, proprio in virtù di una sostanziale pulsione sadica che gli impedisce di fermarsi.

   Delle tre possibili civiltà ipotizzate da Fromm: 1) Società che esalta la vita 2) Società aggressiva ma non distruttiva 3) Società distruttiva, noi ci troviamo proprio in quella del terzo tipo.

   A) L'aspetto sadomasochista della civiltà attuale: Fromm definisce l'uomo naturalmente predisposto a perseguire il bene, ma naturalmente e psicologicamente fornito anche degli strumenti atti a perpetrare il male se il tipo di società che andrà a costruire non sarà in grado di soddisfare le 5 esigenze inalienabili di base:
   1) Bisogno di avere uno schema di orientamento
   2) Bisogno di mettere radici
   3) Bisogno di coerenza con sé stesso e il mondo esterno
   4) Bisogno di essere efficace
   5) Bisogno di stimoli

   (Come vediamo, i dominanti stanno attualmente seguendo lo sviluppo ESATTAMENTE OPPOSTO a quanto sancito da questi punti).

   MORIRA' L'UOMO, se non vengono socialmente soddisfatte queste condizioni? NO: semplicemente si ammalerà e DIVENTERA' IN VARIO MODO DISTRUTTIVO. Parallelamente si avrà un sempre minore livello di felicità e capacità di donare e amare... insomma, la relazione distruttiva non è altro che la polarità inversa di un mancato sviluppo adattivo, tendente a reagire per ristabilire l'equilibrio. Questo vale sia a livello sociale che individuale.

   La dimostrazione scientifica che l'uomo non sia affatto (come stupidamente vorrebbe farci credere Kant  e tutta la "filosofia utilitaristica" moderna) lupo per gli altri uomini - "homo homini lupus" appunto - sta in due fatti principali:
   1) Il fatto che le civiltà tribali e primitive siano molto meno aggressive delle società evolute (mentre dovrebbe essere il contrario, a sentire i "filosofi" moderni, matti o venduti, in quanto sempre assolutamente contraddittori, mentre il primo imprescindibile assunto della "logica" è appunto il principio di non contraddizione, ma questo discorso andrebbe affrontato in altra sede).
   2) La naturale predisposizione dell'uomo a perdere lo stato di salute fisica, mentale e sociale quanto più ci si discosta dallo sviluppo ottimale sopra descritto. Parallelamente si "ammalerà" anche la società, in quanto un meccanismo perverso, una volta instauratosi, tende a ripetersi per il semplice principio della "minor energia richiesta".
   Capite queste cose siamo pronti per la terza fase:

FASE 3: ESCOGITARE ED ATTUARE UNA STRATEGIA DI RESISTENZA

   E qui, per fortuna, i dominanti hanno già lavorato per noi e non ci resta che appropriarci del LORO LAVORO (e vivaddio, una volta tanto!) e usarlo a nostro vantaggio.

   Sto parlando dell'opera del sociologo (un tecnico che usa il metodo scientifico, non un "filosofo") Gene Sharp e della sua teorizzazione della tattica della rivolta non violenta. Lo scritto che principalmente ci interessa, liberamente scaricabile da internet e in italiano, è il secondo volume de "La Politica dell'Azione Non Violenta".
   EBBENE: proprio il fin troppo facile successo ottenuto da tale tecnica nelle rivoluzioni colorate e pilotate dal Potere, ci fa capire quanto temibile possa essere tale arma se usata come boomerang e sufficientemente supportata da un minimo di organizzazione.

martedì 22 settembre 2015

Voi, come i carcerati di Stanford

di Mond-Art

Come immaginate voi l’Inferno?

Università di Stanford (California), Agosto 1971: lo psicologo Philip Zimbardo recluta con
un annuncio sul giornale e seleziona 24 studenti “sani, intelligenti, benestanti ed appartenenti alla
classe media, psicologicamente normali e senza nessun precedente violento” a prendere parte a uno
studio psicologico sulle dinamiche interpersonali insorgenti nell’ambito della vita in carcere.

L’esperimento, che sarebbe dovuto durare due settimane e coinvolgere i soggetti in una
simulazione di vita carceraria condotta in un ambiente comunque “scientifico” e
strettamente monitorato, viene interrotto dopo soli cinque giorni perché “sfuggito al
controllo”…

…non solo infatti una metà degli studenti si era trasformata in un branco di spietati
aguzzini mentre l’altra metà mostrava evidenti segni di traumi psichici, depressione e
apatico adattamento a restrizioni ed abusi subiti, ma lo stesso Zimbardo (come lui stesso
scrive!) perde completamente la necessaria obiettività di “supervisore” finendo per
immedesimarsi e lasciarsi troppo coinvolgere nella repressione di una possibile fuga: non
solo le “cavie” quindi, ma anche lo stesso sperimentatore finiscono per perdere
completamente il senso del limite tra realtà e finzione, e sarà il provvidenziale
intervento di amici e visitatore “esterni” a far ravvedere e rinsavire Zimbardo che quindi
sospenderà l’esperimento.

…Prego osservare nella loro splendida nudità le seguenti dinamiche: La FINZIONE
che dapprima si trasforma in INCONSCIO COLLETTIVO (in quanto convenzione
“intimamente” accettata e condivisa da tutti, e quindi introiettata come “vera, unica e
indiscutibile” anche grazie all’azione concomitante delle tecniche di depersonificazione
adottate nel corso dell’esperimento stesso), e successivamente si tramuta in REALTÀ… in
soli 5 giorni!…

E se non ci fosse stato nessun provvidenziale intervento esterno?

Se quell’esperimento fosse stato condotto, che ne so, sulla Luna senza contatti diretti con
la Terra?
……………………………............
Ora, non ci interessa qui sottolineare la trasformazione sadica delle “guardie”, già
ampiamente (e molto spesso a sproposito) riportata dai media, quanto l’evoluzione di tipo
passivo - masochista dei “carcerati”. (questa hanno molto meno interesse a riportarla e
sottolinearla!)
Carcerati che finiscono anch’essi per perdere tragicamente qualsiasi contatto mentale
con la loro “identità di normali studenti borghesi”, qualsiasi consapevolezza della
finzione e dell’artificiosità della situazione, fino ad approdare alla convinzione che: “Da
quella situazione sarà impossibile uscire”.

Carcerati il cui comportamento, attraverso vari stadi, sfocerà in soli 5 giorni o nella crisi
isterica (e in una quanto mai probabile conseguente follia), o nell’accettazione passiva e
senza più ribellione della loro nuova condizione, nella completa “introiezione” del
loro stato di prigionieri… e a questo stadio ogni ulteriore vessazione subita anziché
spingerli, come sarebbe logico supporre, verso una possibile organizzazione e rivolta, non
farà che rafforzare in loro questa convinzione… non “sono più” gli individui Tizio e Caio,
ma i prigionieri numero x e y…!

E mentre le guardie, che pur sfociando nel sadismo hanno sviluppato un forte senso di
unità e appartenenza al “branco” e sono psicologicamente appagate da ciò, al punto da
dispiacersi che l’esperimento venga interrotto, i “prigionieri” sono confusi, sospettosi l’uno
dell’altro, isolati nella loro spersonificata apatia, e pronti a vendersi o a far la spia per un
piccolo privilegio… e non c’è più in essi nessun senso di identità né singola né collettiva,
nessun senso di gruppo…
(…Ma pensa che pacchia, conoscere questi insospettabili sviluppi, per un eventuale
potere forte…)…

LA STANFORD MEDIATICA


Ora, se l’idea di avere una popolazione di folli forse non aggrada nemmeno ad un

potere assoluto, se non altro per l’ovvia impossibilità di potersene servire in alcun
modo, pensa che bello se tutti si trasformassero invece in apatici e disgregati sudditi
nelle mani di pochi detentori del potere e delle redini globali…!

(Credete che non ci abbiano pensato? Tutto il “quid” dell’esperimento di Stanford, ciò
che ha reso possibile arrivare alle conseguenze sopra riportate, si basa sulla
“deidentificazione”, sulla “perdita dell’identità psicologica” delle cavie… ora, se
riuscissimo ad arrivare a ciò non nel modo traumatico e “distonico” utilizzato durante
l’esperimento, ma in modo piacevole e “sintonico”, potremmo anche avere dei sudditi
felici… degli schiavi rincoglioniti e tutto sommato contenti, e che comunque mai e poi mai
penseranno di ribellarsi…)…

- Oooohhh, e come si potrebbe fare?

- Per esempio, facendo in modo che la sensazione di “prigionia” sia impercettibile, e
pressoché nulla… rendendo invisibili sia i muri del carcere sia ogni possibile sospetto
sull’esistenza di controllori ad un superiore livello… e facendo credere ai babb… eh,
popolo, di essere i soli giocatori del gioco.

- Tanto per cominciare, invece che portarli in prigione, potremmo portare la prigione
nelle loro comode abitazioni…

- La Televisione!
- “Attraverso” la Tv, i giornali, i computer, i media insomma… in modo giocoso e
piacevole… Creare in modo “soft” quell’inconscio collettivo che essi poi
“realizzeranno”, proprio come nell’esperimento di Stanford… finendo per crederci in
pieno, e per ritenerla l’unica realtà possibile.

- Oooohhh, piano, non parlare difficile… lo sai che noi potenti non siamo poi tanto forti
quanto a materia grigia…

- Lo so, lo so… allora, in parole povere… si tratterebbe insomma di raccontare delle gran
balle, di creare dal niente un “gioco” con regolette dettate da noi… loro ci crederanno fino
in fondo e noi, che abbiamo fatto le regole, ne trarremo i benefici; il gioco principale si
chiamerà “Economia”, e sarà condotto con le regole della “Moneta”, del “Signoraggio” e
del “Debito Pubblico”… e loro correranno, vedrai come correranno dietro questo gioco!
Alcuni si divertiranno anche molto, altri meno, ma nessuno sospetterà, mai e poi mai, che
si tratterà solo di una realtà virtuale.
Poi si dovrebbe fare il gioco “Guerra”, così quando qualcuno perde nel gioco “Economia”
e si arrabbia potrà azzannarsi coi compagni di cella, e non sogneranno neanche di pensare
a noi…

- Oooohhh, sembra fantascienza… sembra un film che ho visto una volta, si chiamava
“Ammatrix!”…

- “Matrix”, ’gnurant!

- Ah si, Matrix… ma come convincerli a giocare ai giochi che avremo inventato per loro?

- Ah, questo è l’aspetto più semplice, “deidentificando e spersonalizzando” …ah già,
dimenticavo che con te devo spiegarmi come a un cogl… a un bambino di tre anni in piena
fissazione anale il cui unico scopo è accumulare…

- Come dici? Non si capisce niente!

- Niente, cose mie da scienziato. Allora, in parole semplici: basta sostituire quello in cui
credono loro con quello a cui crediamo noi… per questo ci sono altri due giochi: uno si
avvale di tecniche sofisticate ed avveniristiche, e servirà per agire sulle menti… si chiama
“informazione e intrattenimento”. L’altro agisce a un livello più viscerale, e si chiama
“Politica”.

- Un gioco nel gioco?

- Esattamente, come le bambole cinesi… giocando a “Politica” e “Informazione e
Intrattenimento” non solo faranno esattamente quello che vogliamo noi, ma ci crederanno
tanto e si immedesimeranno tanto, che saranno pronti a deridere chiunque tenterà di
aprirgli gli occhi!

- Il tutto mentre intanto si svolge il grande gioco “Economia”!

- Bravo, stai cominciando a capire, vedi che non è poi così difficile…

- E mentre al piano di sopra noi monitoriamo, controlliamo e guidiamo tutto!

- E vi appropriate di tutte le risorse e capacità produttive del pianeta…

Ma torniamo a noi, ad un livello meno esilarante del nostro discorso, e a quello che in
questo momento vi riguarda più da vicino, perché ne va della vostra stessa esistenza comeprigionieri o uomini liberi (e forse della vostra esistenza tout-court).

Vi siete mai chiesti perché vi possono togliere e precarizzare il lavoro, togliere dignità,
diritti e ogni passata conquista sociale; perché vi possono abbassare i salari, tassarvi in
modo iniquo, farvi morire di legge 30; perché possono cacare su leggi e giustizia,
perpetrare stragi di stato, osannare la guerra, inquinarvi il cibo e l’acqua, uccidervi di
troppa o troppo poca “sanità”, depredarvi in nome del debito pubblico, uccidervi in nome
della democrazia, coprirvi di rifiuti, di cemento e di tutte le loro diavolerie chimiche;
perché riescono a frammentare i popoli, a farli odiare l’un l’altro, a farvi guardare al
prossimo solo in veste di “concorrente” o di “consumatore”… senza che riusciate più
neanche non dico a ribellarvi (che sarebbe pretendere troppo), ma quantomeno ad
organizzarvi e protestare in modo efficace?

Il motivo è esattamente quello visto in apertura, quello che successe ai prigionieri
dell’esperimento: siete caduti nella “Sindrome di Stanford”, avete già completamente
sostituitola vostra identità con la realtà fittizia creata per voi, e proprio come
nell’esperimento non capite di essere immersi in una pseudo-realtà, e di essere voi stessi
cavie di un esperimento globale e mediatico.

Come nell’esperimento avete maturato la convinzione che questa sia la sola ed unica
realtà sempre appartenuta al genere umano, che sia ineluttabile, e che, anche se
spiacevole, “Non c’è alternativa”.
Stranamente poi vi illudete spesso, erroneamente, che l’intervento di qualche “delegato
di turno” (l’Avvocato, o il Prete nell’esperimento) possa “tirarvene fuori”; ma quelli che voi
delegate non sono altro che attori, o prigionieri anch’essi, che godono di qualche favore e
di celle più comode in cambio del loro servilismo…

E statene certi: non ci sarà nessun provvidenziale intervento esterno a dirvi: “Oh, guarda
che tu non sei il Consumatore N° xyz, non sei il Conto corrente N° xyz, non sei l’allocco
munito di tessera elettorale N° xyz, tu sei “Caio Sempronio”, ti ricordi? E sei entrato in
questo incubo solo qualche decennio fa… adesso è finita, è ora di uscire dai, andiamo fuori
di qui.”
Al contrario, cercheranno sempre di convincerti della bontà e della concretezza
dell’incantesimo che vi hanno costruito attorno!

No, non ci sarà nessun intervento esterno, se non sarete voi a vederlo, e a capirlo, e a
tirarvene fuori… l’“esperimento”, andando avanti ad oltranza, sarà l’unico vincitore,
senza che nessuno riesca più a fermarlo: le cavie, completamente e bilateralmente
impazzite nel loro folle scambio di realtà, guideranno nello spazio un pianeta di folli,
finché non sarà la natura stessa a tutelarsi, ponendo fine all’esperimento “umani”.

Torno a chiedervi: “Come lo immaginate voi, l’Inferno?

domenica 20 settembre 2015

E Alùra?

di Mond-Art

   Eh, alùra, alùra... allora è ora di togliersi da questa forma di "Ipnosi Collettiva", che sta diventando un incubo sempre più folle e reale e bisogna farlo prima che sia troppo tardi.

   In questa sede si dà per scontata una basilare consapevolezza degli inganni mediatici, giuridici ed economici posti in atto nell'intero Occidente da un'esigua minoranza di potere finanziario al fine ultimo di sottomettere e dominare le masse, e di rendere definitivamente inattaccabile la loro posizione di dominio impedendo l'autodeterminazione dei popoli e riportandoli a schemi di vita medievali, in cui le persone rese schiave e impaurite siano del tutto controllabili.

   Non ci interessa qui andare all'estenuante ricerca dell'ultima malefatta di questi delinquenti patologici, né ci interessa sapere chi si collochi un gradino sopra o sotto nella piramide sadomasochista che governa oggi mezzo globo, né tanto meno conoscerne i nomi e le aderenze a questa o quella lobby o gruppo di pressione.
   Ci basta sapere che l'élite storicamente giunta al potere attraverso il vecchio e il nuovo colonialismo, e che oggi ha il braccio di forza principalmente negli USA e la regia orchestrante negli organismi sovranazionali occidentali, insegue da secoli il sogno di un controllo globale, dove la propria leadership non rischi di essere mai più posta in discussione dalle popolazioni sottomesse.

   Ci interessa invece molto di più capire le dinamiche mentali e sociali attraverso cui tutto ciò si è reso storicamente possibile, e come si possa rinnovare ogni giorno, attraverso la nostra più o meno consapevole collaborazione, il mantenimento e il rafforzamento di questo assurdo "status quo" in cui una esigua minoranza di dominanti riesce a fare in modo che sia "la coda a muovere il cane", sovvertendo ogni logico andamento delle cose.

   Infatti deve essere assolutamente chiaro a tutti che per poter mantenere il potere e il controllo ogni oligarchia dovrà per forza avvalersi della collaborazione più o meno volontaria dei controllati stessi: diversamente ciò non sarebbe possibile. Oggi tale collaborazione viene ottenuta, nei paesi "civilizzati", attraverso l'inganno, la propaganda e la sottomissione inconsapevole della gente, che diversamente non si presterebbe a un gioco talmente ignobile e che porterà alla sua stessa distruzione finale.

   Il potere (quello vero, non quello rappresentato dai politici ormai ridotti a comodi "specchietti per le allodole" svuotati di ogni reale decisionalità, e parte serva dell'inganno medesimo) ha quindi bisogno di ingannare per continuare a esercitare potere; ha bisogno di ingannare per sfruttare le masse senza che le stesse arrivino a percepirne il meccanismo, né a rendersi conto dell'esistenza dei manovratori. Il seguente racconto fornisce un'immagine fotografica ben precisa di questa situazione paradossale:

   Sono su un aereo, seduto vicino al finestrino e osservo la superficie soffice delle nubi, e lontano
laggiù le città microscopiche, chiacchierando cordialmente col mio vicino di posto. Ma presto sembra che ci troviamo in disaccordo sulla nostra destinazione. Lui sostiene che sia Los Angeles; io dico New York. Ho appena iniziato ad alzarmi, con l’intenzione di chiedere a un assistente di volo di
comporre la nostra disputa, quando ci accorgiamo che le hostess sono impegnate in una bizzarra
attività. Sorridendo educatamente, scelgono i passeggeri a caso, uno alla volta, poi li conducono fino
allo sportello dell’uscita di emergenza. Il primo è un ragazzino che si tiene stretto uno skateboard,
poi una donna di mezz'età con un abito nero e manageriale, poi una tipica casalinga benpensante
che tiene per mano il suo poppante, e tutti saltano di buon grado nell'aria rarefatta, seguiti dai
cordiali addii delle loro guide.

   Incredulo, sbircio verso il finestrino opposto, notando una processione di passeggeri che in stile
Mary Poppins stanno precipitando al suolo. Terrorizzato, guardo di nuovo verso il mio vicino, ma
lui contraccambia la mia espressione di orrore con un sorriso svagato tipo “va tutto per il meglio”. Sull'orlo del collasso, mi precipito verso la cabina di pilotaggio, ne spalanco con violenza il portello e scopro che è vuota. I sedili dei piloti sono vuoti.
   Esterrefatto, mi volto e mi trovo faccia a faccia con la bellezza sintetica di un'hostess. "Non è meraviglioso il pilota automatico?" sussurra con voce sognante. "Sa, deve solo avere fede. Ecco, lasci che le mostri la porta sul suo radioso futuro."

   Per quanto ancora, viene da chiedersi, gente onesta e ragionevole continuerà a tollerare il perverso psicodramma che sta tenendo il mondo sotto assedio, e che è così platealmente contrario ai bisogni della gente comune, ed anzi mostra sempre più di volerla semplicemente distruggere?

   Lungi dall'essere individui impotenti e passivi come l'attuale sistema ci vorrebbe, si può abbracciare una visione della realtà che vede noi stessi come gli artefici della nostra esistenza, capaci di concepire e creare un'esistenza migliore. Ma per fare questo bisogna innanzi tutto capire come uscire dall'inganno, perché ogni vera indipendenza va prima conquistata a livello di pensiero.

sabato 19 settembre 2015

Balòte

di Mond-Art


Ragionamenti al rovescio per una civiltà dell'Inganno.
   "Inganno" non è solo quello macroscopico condotto dai Media, dalle Banche e dagli Stati contro le proprie popolazioni, ma anche quello più subdolo, quello che "respiriamo con l'aria" fin dalla nascita, ossia quello Culturale, fattoci assimilare come pane tramite le istituzioni, gli affetti, gli amici, la comunità in cui viviamo, il gruppo sociale cui apparteniamo.

   L'inganno è il "luogo comune", l'affermazione ormai talmente incarnata dentro di noi che la diamo per valida e scontata senza nemmeno osare metterla in discussione.

   Sono proprio queste figure introiettate a guidare il comportamento delle masse. Questo lo sanno bene gli "Spin Doctors" e i creatori di opinioni in genere, che sono innanzitutto creatori di "inganni ben confezionati", talmente ben confezionati che andranno a formare l'unica nostra fonte di conoscenza, e saranno facilmente introiettati come assiomi non discutibili andando a formare quei luoghi comuni, quelle "immagini fotografiche" che guideranno inconsciamente il nostro comportamento in merito.
   E plasmando a tavolino assiomi su assiomi si arriva facilmente a plasmare un'intera cultura, un intero modo di vedere le cose, si arriva alla formazione di quel maledetto Pensiero Unico che oggi ci guida tutti come poveri allocchi, e il cui primo e fondamentale comandamento recita che "non ci sono alternative".

   E' fondamentalmente cattivo l'uomo? La guerra è un male necessario? Lo Stato si identifica con la sua popolazione? Libero Mercato e Marxismo sono davvero due pensieri antitetici? L'impiegato modello contribuisce a migliorare la struttura in cui lavora? La maggior consapevolezza dei singoli fornisce l'emancipazione di massa? La Democrazia è la miglior forma di governo attuabile? Internet è un'opportunità democratica di conoscenza e di crescita?

   Provate a chiederlo in giro, e certo il popolino risponderà "Si" a tutte quante le domande.

   In questa sede ci prenderemo invece la briga non solo di dimostrare che la risposta è "No", ma cercheremo di capire in quale esatto modo si formino questi assiomi, questi luoghi comuni, queste immagini interiori che poi ci condurranno ad agire e comportarci da automi senza cervello.

   Andremo oltre, a dimostrare che le Democrazie, nella loro formulazione attuale, altro non sono che la miglior "Macchina a Delinquere" atta a:
   1) Sostituirsi decisionalmente al singolo, depredarlo di ogni bene e di ogni sovranità.
   2) Fornire le basi legali e giuridiche, sociali e mediatiche, affinché una ristretta cerchia di "Nobili" sia il solo autista della macchina.

   Non a caso è il modello che il potere si ostina a "esportare", costi quel che costi.

   Cercheremo quindi di rispondere alle domande esposte sopra, indagando uno ad uno i principali inganni, gli assiomi indiscutibili introiettati come fossero i dieci comandamenti e spalmati sul pane fin da piccoli come fossero nutella. Come enunciato dal sottotitolo, useremo la tecnica della "Reductio ad Absurdum", ossia cercheremo la contraddizione portando alle estreme conseguenze i postulati stessi delle pseudo-verità che ci sono state inculcate.

   Un po' alla volta, per non distruggere di colpo tutte le vostre amate certezze.